Le località costiere hanno perso almeno due mesi di sole e mare ed è dunque partita la corsa al sole senza protezione.
La tintarella, si sa, fa cool e in tanti cercano di abbronzarsi il prima possibile quindi senza usare protezione.
Gli effetti? Devastanti.
Spellature, invecchiamento precoce della pelle, maschie con danni permanenti e difficili da rimuovere.
E la generazione dei giovanissimi, purtroppo, non ama le creme. Per acquistare le prime ci vogliono almeno 30 anni. La crema è da vecchi, dicono, il problema è che gli effetti si protraggono per sempre.
Gli unici che si proteggono a dovere sono quelli con genitori che capiscono l’importanza del problema e fanno il classico lavaggio del cervello ai figli.
Il risultato è che molti applicano la crema a casa, che già è qualcosa, perché protegge il corpo per diverse ore prima dell’esposizione, e poi non la mettono più perché davanti agli amici è, come si suol dire, “da sfigato”.
Le sane abitudini di vita rappresentano un investimento per gli anni a venire, i teenager di certo non parlano la lingua degli adulti e i loro comportamenti sono influenzati soprattutto da quelli dei loro pari.
Basta inserire una foto e si ottiene il risultato del proprio volto dopo tanti anni di esposizione senza crema solare.
L’idea è venuta ad un gruppo di studiosi brasiliani e tedeschi.
Lo studio, pubblicato su Jama Dermatology, è stato condotto su 1.573 liceali brasiliani, che venivano prima informati sui danni che può fare il sole alla pelle da un gruppo di studenti di medicina. Quindi, erano invitati a vedere i loro selfie foto-invecchiati dalla app Sunface.
Una lezione risultata efficace soprattutto tra le ragazze visto che, a distanza di 6 mesi, una su 3 si è convertita all’uso quotidiano delle creme solari (contro una media di una su 5 prima di questo intervento). Il filtro invecchiante è riuscito a parlare la lingua degli adolescenti, andando a far leva sul narcisismo dei ragazzi, più sensibili a questioni estetiche, che non alla prevenzione dei tumori, concetto molto lontano da loro.
Questo studio, proprio perché veicolato con strumenti giovanili e di tendenza, si è rivelato molto più efficace rispetto ai precedenti.
La verità è che, e non solo sul tema dell’invecchiamento cellulare, non si fa abbastanza informazione. I giovani sono semplicemente disinformati.
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